Riccardo Risaliti

 
Johann Sebastian Bach  
LE SUITES INGLESI
 

Johann Sebastian Bach fu forse il primo a rendersi conto che era possibile trasferire sullo strumento a tastiera la scrittura, tecnica, la tipologia strutturale, perfino la sonorità della musica orchestrale del suo tempo. 

Ovviamente con piena consapevolezza delle proprie capacità in fatto di sapienza compositiva, nell'assimilare al proprio linguaggio i vari stili musicali. E mentre da un lato si cimenta con le forme classiche della tradizione tastieristica tedesca (la fuga, la variazione, il corale e la toccata organistici, etc.), portandole ad inusitata ampiezza e sorprendente livello artistico, dall'altro dimostra di saper imitare sulle tastiere del suo cembalo sia il concerto barocco (Concerto italiano) sia l'ouverture alla Lully (Ouverture francese) sia la suite di danze; cosa quest'ultima che fece nelle tre serie di tali brani da lui composte, le Suites francesi, le Suites inglesi, le Partite (o suites tedesche).

La struttura base della suite bachiana, ereditata dalla tradizione strumentale, cui egli stesso aderisce nella forma più essenziale nelle Suites francesi, è formata di quattro danze, usualmente denominate alla francese: allemande (di origine tedesca), courante (francese), sarabande (spagnola) e gigue (inglese). Sono ormai danze stilizzate, estranee ad una utilizzazione coreutica. 

Nei suoi lavori di maggiore dimensione, sia le Suites inglesi che le Partite, Bach pone ampi preludi di apertura, che nella seconda raccolta avranno titoli di varia natura (Preambulum, Sinfonia, Fantasia, etc.), ed inserisce prima della gigue conclusiva altre danze - per lo più in coppia - note allora come galantéries, di derivazione francese: bourrées, gavottes, menuets, passepieds. 

Varie ipotesi si sono fatte, fin dai primi biografi bachiani, per giustificare l'appellativo di "inglesi" con cui queste suites vengono oggi riconosciute; termine stilisticamente inesatto dato che lo stile è tipicamente francese, e che il titolo originale recita semplicemente "Suites con preludi". 

La numerologia bachiana si è anche soffermata sul fatto che queste suites sono sei, di sei movimenti ciascuna, e che l'ordine per tonalità discende per gradi: la maggiore, la minore, sol minore, fa maggiore, mi minore, re minore.

Il movimento più caratteristico e più nuovo, certo il più imponente, di queste suites è il preludio iniziale, quasi sempre in stile fugato, e con la ripetizione della prima parte; più conciso quello della prima suite, più ampio (con due episodi: adagio, allegro) quello della sesta. In questi preludi Bach prefigura quello che più tardi riuscirà a dimostrare con chiarezza ancor più "didascalica", direi, nel Concerto italiano: la rievocazione sul cembalo a due tastiere (non ancora richiesto espressamente come là) di un primo tempo di "concerto grosso" barocco, con la sua alternanza di Tutti e di Soli. Ovviamente l'esecuzione pianistica supplisce alla mancanza di una seconda tastiera con le differenze dinamiche permesse dallo strumento moderno.

Al preludio fanno seguito le varie danze. L'Allemande è generalmente un andante scorrevole di carattere melodico, la Courante ancor più scorrevole (ma troppo scorrevole con certi interpreti!), di carattere tra il melodico e il festante, con la sua profluvie di ornamenti, la Sarabande è invece il momento lirico della suite, assai più statico e spesso arricchito dal suo doppio (double) ornamentato, e infine la Gigue conclude veloce e brillante, spesso in stile fugato: complessa e armonicamente ardita quella dell'ultima suite. Tra le Galanterien di queste suites sono giustamente celebri le Bourrées della seconda e della terza suite, anche perché sono queste le uniche suites previste dai nostri programmi conservatoriali.

 

     
 

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