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Incontro con Andrea Bacchetti


il pianista
che adora lo show



I ripetuti passaggi in Tv, da Chiambretti e a "Striscia", lo hanno reso popolare anche tra i non addetti ai lavori. L'ammirazione per la musica di Bach: «Attraverso la perfezione della struttura rivela un'emozione indescrivibile». Già 25 cd incisi con molte etichette diverse. Innamorato dei pianoforti Fazioli per la loro eccellenza costruttiva

di FILIPPO MICHELANGELI

Conosco e seguo Andrea Bacchetti da 15 anni. Ho imparato ad apprezzare il suo pianismo lentamente. Di solito. confesso, tendo ad entusiasmarmi subito. Ascolto un giovane e dal suo modo di suonare, di stare sul palco, di interagire con gli spettatori, dalle sue scelte di repertorio, ricevo un'immagine immediatamente molto chiara. E quando mi piace è la prima impressione a mar­care un imprinting che mi tra­scino negli anni. Con Bac­chetti è andata diversamente. La sua musicalità mi è arrivata subito, il suo pianismo, in­vece, l'ho apprezzato a poco a poco perché è assolutamente originale. Non è il solito pianista "forte e veloce", ma neppure un pianista che "suo­na sulle uova". Ha un modo di toccare il pianoforte che rende gli 88 tasti davvero uno "strumento" per fare musica. Dopo pochi secondi smetti di sentire la "meccanica" e ti la­sci andare al suo legato che pare un canto.
Ma Bacchetti non ha smesso di stupirmi anche per le sue scelte totalmente anti­conformistiche. Come l'idea di apparire in televisione in programmi di grande ascol­to. da "Striscia la notizia" al "Chiambretti Show", per sottolineare e rendere artistico il contrasto tra il pianista classi­co, fuori dal tempo, rigoroso, e le curve pericolose delle "Veline". Siparietti che han­no dato un'immagine fresca. vitale, del pianoforte nella so­cietà contemporanea.

Maestro Bacchetti, i lettori di Suonare news l'hanno ascol­tata la prima volta nel 2006 nel monumentale ciclo ba­chiano delle Goldberg e oggi tengono in mano un nuovo cd, allegato a questo numero di gennaio, con la Suite Francese n. 5 del genio di Eisenach. Che cosa rappresenta per lei Bach e quanto è importante nella storia del pianoforte, uno strumento per il quale egli non ha mai scritto e che oggi sembra averlo riscoperto?

Bach è il compositore che amo di più. E' molto difficile spiegare razionalmente il fascino della sua musica. L'uni­versalità del suo messaggio parla da sé. Attraverso la per­fezione della struttura rivela un'emozione indescrivibile. Più ci lavori e più scopri aspetti sempre nuovi. L'inter­pretazione dovrebbe sempre essere una sintesi della ragio­ne e del cuore attraverso la personalità dell'esecutore. Poi c'è l'armonia che anima l'architettura, le dà vita e la rende sempre imprevedibile, e fa crescere l'emozione. Ba­ch mi accompagna tutti i giorni all'inizio della giorna­ta di studio e mi dà maggiore soddisfazione nell'esecuzione ma anche maggiore difficoltà nell'apprendimento. Le Va­riazioni Goldberg le suono tutti i giorni da circa 10 anni! Le ho incise più volte perché la mia lettura è cambiata molto nel tempo, e mi sarebbe di­spiaciuto lasciare una lettura che non corrisponde più alla mia visione di oggi. La mia lunga frequentazione artisti­ca con Luciano Berio mi ha insegnato a vedere con "gli occhi" di oggi il grande reper­torio del passato.

A soli 36 anni ha già al suo attivo un'imponente attività discografica che conta alme­no 25 cd incisi per tante etichette diverse. E con un re­pertorio che spazia dai clavicembalisti a Berio. Che cosa la spinge a entrare in sala di registrazione così spesso?

Sin da bambino ho sempre avuto grande interesse per i dischi. Ascoltavo ore e ore i grandi pianisti, strumentisti, orchestre e mi attraevano mol­tissimo le diverse interpreta­zioni, nel tempo, dei grandi che hanno fatto la storia. Ho sempre creduto, infatti, che la progressiva crecita e matura­zione di un artista costituisca un "osservatorio" importantis­simo della propria vita musicale, dello sviluppo del pensiero, dell'esperienza, fino alla più ampia maturità, che è facile osservare confrontando le registrazioni giovanili con quelle più datate di uno arti­sta e, anche, della stessa partitura. Per questo mi attrae mol­tissimo osservare, con il passare degli anni, il mio modo di suonare, di crescere, di capire le ragioni del cambiamento, dell'evoluzione, "consapevolizzare" le diverse esperienze artistiche che sono per me di grande importanza in quel "crescendo in continuo" sul quale ho sempre cercato di costruire la mia vita musicale.

Dal 1998 suona regolar­mente a Milano per le "Sera­te Musicali", un sodalizio quasi esclusivo che ha il sapo­re d'altri tempi, oggi che il mercato concertistico è totalmente aperto, In generale co­me si relaziona alle società di concerti che la invitano?

Il M° Fazzari, com'è noto, oltre ad essere il direttore ar­tistico delle "Serate Musicali", è anche un grande artista. Ho trovato molte affinità fra il mio e il suo pensiero musicale. In tutti questi anni abbia­mo realizzato progetti che hanno raccolto l'apprezza­mento del pubblico milanese e della critica. Mi ha segna­lato ad importanti orchestre ed associazioni concertistiche che mi hanno consentito di farmi conoscere attraverso esperienze di rilievo interna­zionale. E' mia convinzione che - soprattutto in Italia - molti organizzatori dovrebbero approfondire più diretta­mente e in maniera più specifica le qualità artistiche. Og­gi, grazie alla multimedialità è possibile ascoltare - quasi come dal vivo - artisti di ogni genere e di ogni livello. Le più autorevoli riviste internazionali, anche la vostra, favoriscono la conoscenza attra­verso recensioni, interviste, dunque è meno difficile del
passato individuare i talenti, le eccellenze, i "valori", evi­tando condizionamenti lega­ti più alla comunicazione che alla "Musica". Il mio rapporto con gli organizzatori si fonda su questi principi nella consapevolezza che il mio impe­gno, il mio rigore, ma soprat­tutto la mia voglia di "crescere in continuo", di essere con­sapevole della responsabilità di un interprete nel mondo di oggi venga valorizzata. Devo dire con molta onestà che, a differenza del passato, in­contro sempre più spesso persone molto sensibili in questa ottica, più attente alle eccellenze che al marketing, con le quali il "confronto" è sempre più interessante co­struttivo e creativo.

Negli ultimi anni la vedia­mo sempre più spesso in televisione e in trasmissioni di grande ascolto come "Striscia la notizia" o "Chiambretti Show". I pianisti classi­ci di solito snobbano il picco­lo schermo, evidentemente lei la pensa diversamente. La vedremo ancora in Tv?

Più che una scelta, una se­rie di favorevoli opportunità. Mi sono trovato molto a mio agio, Assolutamente! Un mondo nuovo, innovativo, sicura­mente controcorrente per farsi conoscere, anche come musicista classico: ma anche per incontrare tanta gente, che di norma non conosce il "nostro" mondo. Soprattutto tanti giovani. Nelle occasioni più disparate raccolgo ap­prezzamenti molto sinceri per la spontaneità, per il co­raggio di proporre ma anche di far apprezzare "Mozart" in mezzo alle "Veline". Mi chiedono, vogliono capire la po­liedricità di un musicista che riesce a passare dalle Goldberg di Bach ad accompagnaare dal vivo artisti del calibro della Vanoni, di Emma, di Venditti. Forse qui viene fuori la mia anima di jazzista quando da bambino mi piaceva improvvi­sare sulle grandi melodie di questa musica bellissima. Uno stimolo, un'opportunità in più per conoscermi meglio, per venirmi ad ascoltare in concerto. Ai miei concerti c'è sempre tanta gente, tanti giovani, studenti di Conservato­rio che alla fine mi vogliono incontrare. Mi chiedono co­me si fa a raccogliere le 5 stelle dalla BBC o dall'American Re­cord Guide e poi trovarsi a pro­prio agio con alcuni temi del­la più grande musica leggera italiana. La risposta è sempli­ce: tanto studio, rigore, entra­re nella musica a tutto tondo, senza limitazioni formali, en­tusiamo, voglia di cercare co­se belle e sempre nuove, ver­satilità e, non so se posso dir­lo, talento che non esclude anche un po' di follia. Per questo spero di poter tornare presto in questo ambito con idee nuove e con qualche sor­presa...

I concorsi pianistici ormai sono diventati il trampolino di lancio per le nuove genera­zioni. Forse non sono la solu­zione ideale, ma al momento non ci sono alternative. Do­vesse un giorno avere la dire­zione artistica di un grande concorso, quale sarebbero le prime cose che farebbe per migliorarli?

Domanda molto interes­sante, ma molto difficile. Non è facile attraverso pochi mo­menti esecutivi giudicare l'autenticità di un artista. Oggi credo si guardi molto soprat­tutto al virtuosismo ed alla spettacolarità, forse bisogne­rebbe guardare un po' di più "dentro" al talento, alla perso­nalità. A me piacerebbe mol­to "parlare" con i concorren­ti, conoscerli; capire il loro pensiero (non solo il curricu­lum), la loro maturità cultura­le e di vita. Insomma non giu­dicare solo l'esecuzione in se stessa ma anche le molte altre doti caratteriali, oggi sempre più indispensabili per costrui­re una solida carriera che, co­munque - credo - necessiti sempre di più di lunghi anni di studio, sacrificio, entusia­smo e determinazione.

Siamo circondati da piani­sti cinesi. Prima i loro nomi nei cartelloni concertistici in­ternazionali erano un'eccezio­ne, oggi sono la norma. Il fu­turo del pianoforte ha gli oc­chi a mandorla?

Non lo so. Qui si pone sem­pre di più problema della for­mazione. Il talento è il punto di partenza. Indubbiamente. Ma bisogna coltivarlo, farlo crescere. Guidarne la matura­zione, indirizzarlo, giorno do­po giorno con impegno e sa­crificio. E dunque il problema è la capacità da parte della scuola di essere la protagonista di questa crescita. In que­sto ambito, forse, in Cina, co­me in Russia o in altri paesi europei, c'è molta più atten­zione che in Italia. Sincera­mente conosco molto poco questa situazione. Il mio inte­resse è più orientato sul mio "studio" che non su quello dell'insegnamento.

Ogni pianista ha il suo stru­mento preferito. Immagini di non aver problemi di budget, su quale grancoda ama affon­dare le mani?

Da molto tempo mi sono innamorato dell'eccellenza di Fazioli. Per la sua superba morbidezza di suono, il colore caldo, l'eccellenza del pe­dale tonale. Una tastiera straordinariamente duttile. A volte ti sembra di "dialogare" con lo strumento: tu chiedi e lui risponde: sempre in per­fetta sintonia. Senza mai di­menticare l'entusiasmo, oltre che la professionalità eleva­tissima, di tutto lo staff. Quando vado a suonare o re­gistrare nella magnifica Fa­zioli Concert Hall mi sem­bra di essere "fuori dal mon­do": funziona tutto alla perfe­zione, emozioni indimentica­bili. Che poi, naturalmente, si ripetono nelle sale da con­certo.

Leggiamo sulla stampa in­ternazionale di interessanti progetti discografici. Ci rac­conta qualcosa?

Nel 2004 ci siamo seduti a un tavolo con la direzione di Sony Classical Italia e ci siamo resi conto che i tempi stavano cambiando e che in un mer­cato tendenzialmente saturo di interpretazioni dei grandi della storia, bisognava trovare una strada diversa: innovare, diversificare. Abbiamo puntato a musiche praticamente sconosciute. Si tratta di un ba­rocco tastieristico italiano il cui caposcuola è Scarlatti e la cui estrema propaggine è pro­prio Cherubini, una sorta di Haydn italiano. Pagine appa­rentemente non troppo diffi­cili e che riflettono la cantabi­lità dell'opera italiana. Ecco dunque i cd con le sonate di Cherubini, di Galuppi, Mar­cello e "The Scarlatti Restored Manuscript" tratto dai mano­scritti ottenuti grazie alla di­sponibilità della Biblioteca Marciana di Venezia e al pre­zioso sostegno di Banca Cari­ge. Abbiamo ricevuto grande attenzione da parte del pub­blico e della critica per il valo­re dei nostri quasi maniacali approfondimenti. Il prossimo cd sarà dedicato a Hasse, quindi verso Napoli.
Il secondo progetto, la "Bach Edition" si fonda su una filosofia di mercato diversa, ma soprattutto sul "pensiero" che nasce negli anni delle mie preziosissime frequenta­zioni da un lato con Luciano Berio e dall'altro con Rudolf Baumgartner a Lucerna. Il tutto sotto la sapiente regia di Franco Scala, mio grande insegnante all'Accademia di Imola. In quegli anni, infatti, ho avuto l'importantissima opportunità di studiare i clas­sici (Bach, Mozart, Beetho­ven) sia raccogliendo la gran­de esperienza e cultura stori­ca di Baumgartner, credo uno dei massimi interpreti nella storia di questo reperto­rio, che il nuovo, straordina­rio linguaggio della contem­poraneità del quale Berio è stato - com' è noto - una delle massime espressioni che han­no lasciato il segno indelebi­le nella storia. Negli anni poi queste esperienze sono matu­rate, cresciute, "digerite" dentro di me giorno per gior­no. Il primo doppio cd con le Suite Francesi è stato accolto molto bene dalle più presti­giose riviste nel mondo. Que­sto ci ha incoraggiato a pub­blicare il secondo cd "The Italian Bach" che è uscito recen­temente. E adesso stiamo pensando al terzo.


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