VENERDÌ, 7 DICEMBRE 2012

Andrea Bacchetti, Giovanni S. Bach; e poi più (su un concerto a Sanremo)


Andrea Bacchetti, naturalmente. Forse è davvero così: quando M° Bacchetti suona Giovanni Sebastiano, è come se continuasse una conversation ininterrompue, il cui tema unico e costante è appunto la musica in se stessa. Non importa quindi se, come nel secondo bis di ieri, affronti una Goldberg come stesse passeggiando per via XX, a Genova; o, nel programma, metta in rilievo le sfumature cromatiche di BWV 1058 con la disinvoltura di Fabian Cancellara, pluricampione mondiale nella cronomondiale di ciclismo. È per ciò un privilegio vero ascoltare due giganti, uno alla tastiera di Steinway D3 in condizioni magari non eccelse, e tuttavia accettabili, l'altro presente in ispirito nel sobrio tempio luterano di Sanremo. Il pubblico, fitto di signore 2 volte 45enni, ingioiellate con prestigiosi schiavettoni in oro di Nizza, accompagnate per lo più da gentiluomini in similpelle, e sbadiglianti, può non avere colto la dimensione esoterica dell'evento. Ha tuttavia gioito, in via affatto essotèrica, applaudendo a ogni piè sospinto: e aveva un bello scomporsi, il compostissimo Bacchetti, ponendo le mani avanti e dicendo, senza dirlo: stàtevi zitte, bestie, il pezzo non è ancora finito. Niente da fare ma anche, appunto, chi se ne importa? Bach è questione sua. Non per niente, nella prima parte del pomeriggio, gli archi della Sinfonica di Sanremo, benissimo diretti da Enrico Giovannini, avevano eseguito con ogni diligenza il Divertimento K 136 e Eine kleine di Amadé: e intanto, dietro le quinte, Bacchetti ripeteva a mente la sua esibizione, cioè i concerti BWV 1054, 1055 e, già citato, 1058. Nel corso dei bis, poi, la sua Toccata BWV 914, con quell'allegro a tre voci che soltanto lui può permettersi d'eseguirlo così lento.
Andrea Bacchetti è musica che pensa e pensiero che si fa musica: se non vi basta, signori miei, dàtevi al trotto, veramente.